Quando nel 1829, Massimo d'Azeglio dipinse il quadro "La disfida di Barletta", realizzò un'opera carica di un profondo intento pedagogico: dare risalto ad una delle prime e più significative pagine della storia nazionale. Dal quadro nacque l'idea del romanzo. L'ardore patriottico, che l'affresco racchiudeva nel pathos delle proprie immagini, si caricò di veemente dinamicità strutturandosi in parole e pensieri espliciti, in paesaggi resi vivi e presenti da minuziose descrizioni, in sentimenti alti e nobili quali sono presenti nel romanzo "Ettore Fieramosca" ossia la Disfida di Barletta.
     Il romanzo fu scritto d'un fiato. Musa ispiratrice fu la passione politica risorgimentale, il sogno di vedere, finalmente, l'Italia unita sotto un unico vessillo. Abbandonandosi al suo genio creativo, d'Azeglio cercò di "vivere tutto di quella vita cavalleresca dimenticando affatto il presente". In realtà, la vicenda che d'Azeglio decise di raccontare era molto distante, sia per contesto storico, sia per le ragioni che l'originarono, dai moti che agitavano la nostra penisola. Tuttavia, il pittore torinese la reputò ideale per suscitare l'ardore patriottico degli italiani, infondendo in essi il pieno convincimento che, non soltanto l'Italia era chiamata ad essere Nazione, ma il popolo doveva ergersi a suo primo e più convinto fautore. Il romanzo ottenne uno strepitoso successo. Esso descrive la Disfida di Barletta, che si svolse il 13 febbraio 1503, durante la guerra tra francesi e spagnoli per il possesso del Napoletano. Durante l'assedio di Barletta un soldato francese insultò alcuni soldati italiani che militavano al servizio della Spagna, tacciandoli di codardia, d'esser dei traditori e dei pavidi. Per lavare l'onta ricevuta, gli italiani sfidarono quei francesi boriosi. La tenzone andava combattuta "con tutto l'accanimento che può ispirar l'amor nazionale": tredici cavalieri italiani contro tredici cavalieri francesi. La vittoria, sul campo di battaglia, arrise agli uomini capeggiati da Ettore Fieramosca, valoroso capitano capuano. In questa cornice cavalleresca, Massimo d'Azeglio ambienta anche la triste vicenda dell'amore fra Ginevra e Fieramosca, la quale si conclude con la morte degli amanti. Ginevra spira dopo esser stata violentata dal duca Valentino: ella non riesce a superare tale dolore acuito anche dall'ombra di un sospetto tradimento d'amore da parte del suo Ettore, che priva definitivamente la fragile fanciulla della voglia di vivere. Ettore, eroe e patriota romantico, coraggioso, leale, pieno di amorevoli cure per i suoi amici ed il caro cavallo Airone, incorruttibile finanche nel corpo, proprio nel momento in cui si accinge a comunicare all'amata la gloriosa vittoria, si trova ad assistere sconvolto alla sua sepoltura. In seguito a questo tragico evento, ricco di amletiche suggestioni, egli scompare per sempre dalla città e forse anche dalla vita, come suggerisce l'autore, avanzando talune ipotesi circa la sua misteriosa fine. In questo romanzo, i protagonisti principali sono affiancati da tutta una serie di personaggi minori, la cui fisionomia è altrettanto ben caratterizzata di quella dei personaggi principali. Fanfulla da Lodi "...con quella sua pazza furia, nella quale era pur molta virtù e somma perizia..."; sbadato, bizzarro e comicamente scanzonato è uno dei personaggi che rendono più piacevole e spensierata la lettura del romanzo, colui che alleggerisce il peso di un susseguirsi di pagine a volte troppo "severe", nei loro continui richiami patriottici. Brancaleone, ardimentoso ed al contempo prudente, per mano del quale muore Grajano d'Asti: mercenario per antonomasia, italiano venduto alla causa francese perché "dove c'è pane è la patria", nonché marito di Ginevra. Guy de La Motte, sprezzante e millantatore, e poi tanti altri personaggi legati da uno straordinario groviglio di rapporti ed accidenti.
     Malgrado lo stile dell'autore possa apparire a tratti, eccessivamente pomposo ed aulico, caratterizzato da indugi descrittivi forse esasperatamente minuziosi, esso non ha impedito di cogliere in pieno il suo obiettivo ultimo: scuotere gli animi degli italiani, con l'esempio del generoso sentimento, dell'impeto cavalleresco e dell'infinita lealtà dei protagonisti. Non a caso la lettura del Fieramosca di d'Azeglio, riesce ancora oggi a suscitare profonde suggestioni in chi vi si accosti.